Chirurgia Oncoplastica: una nuova frontiera per il trattamento 

del tumore della mammella

a cura del dottor Simone Grappolini, Responsabile del Centro di Chirurgia Plastica di Humanitas Mater Domini

Nella cura del tumore della mammella, la chirurgia riveste un ruolo fondamentale.

Le tecniche di intervento sono essenzialmente due: conservativa che prevede solo l’asportazione della sola parte della mammella colpita da tumore e radicale (mastectomia) che, invece, comporta l’asportazione totale della mammella. In questo caso, sempre più spesso, nella stessa seduta operatoria si associa la chirurgia ricostruttiva.

Oggi, la nuova disciplina che integra l’impiego di tecniche di chirurgia plastica alla chirurgia oncologica, al fine di correggere i difetti estetici della mammella senza compromettere il risultato oncologico: é la chirurgia oncoplastica.

La ricostruzione mammaria, infatti, qualsiasi sia la tecnica utilizzata, non interferisce con le terapie oncologiche o con le successive indagini diagnostiche ed è attualmente considerata parte integrante del trattamento per la cura delle neoplasie mammarie.

 La ricostruzione della mammella

La chirurgia plastica ricostruttiva può essere eseguita sia in pazienti sottoposte a quadrantectomia mediante il rimodellamento della ghiandola mammaria interessata ed il bilanciamento della mammella controlaterale, sia in coloro che hanno subito una mastectomia con o senza la conservazione del capezzolo”, afferma il dottor Simone Grappolini, Responsabile del Centro di Chirurgia Plastica di Humanitas Mater Domini.

L’obiettivo é conferire al seno un volume armonioso, molto simile nella forma e nella consistenza alla mammella naturale. E’ infatti innegabile l’importante vantaggio psicologico di vedere attenuate le conseguenze della mastectomia.

Esistono numerose tecniche ricostruttive, ognuna delle quali consente il raggiungimento del migliore risultato possibile in relazione al tipo di intervento ed alla differente conformazione del corpo della donna.

Le tecniche prevedono l’inserimento di una protesi oppure la ricostruzione senza l’impiego di corpi estranei, ma utilizzando unicamente tessuti autologhi (della paziente stessa).Attualmente l’intervento gold standard, in caso di mastectomia, prevede l’utilizzo di espansori cutanei e successivamente di protesi definitive. Quando viene tolta tutta la ghiandola mammaria si deve riempire lo spazio residuo all’asportazione della ghiandola mammaria con un volume adeguato rispetto agli standard della paziente. Dopo un intervento di mastectomia, la protesi mammaria per avere un’adeguata copertura tessutale deve essere ricoperta completamente dal muscolo. Questo spazio deve essere preparato ad accogliere la protesi definitiva inserendo un espansero mammario gonfiabile che rimane per un certo periodo. Dopo qualche mese, si rimuove l’espansore e lo si sostituisce con una protesi definitiva. Durante questo secondo intervento si procede inoltre a bilanciare la mammella controlaterale per renderla più simile possibile acquisire ricostruita. A seconda delle esigenze si eseguirà una mastopessi o un’integrazione volumetrica mediante una protesi mammaria più piccola della mammella ricostruita. L’utilizzo delle espansore mammario non é comunque indispensabile e generalmente viene riservato ai casi in cui abbiamo poco tessuto o nei casi in cui dobbiamo ricostruire una mammella di medie grandi dimensioni. Nei casi in cui la ricostruzione prevede una mammella di piccole dimensioni, si può procedere all’inserimento diretto della protesi.

 Le protesi

Le protesi mammarie più comunemente utilizzate sono quelle al silicone (90% dei casi), il materiale bio compatibile più studiato e più utilizzato che offre un’ampia garanzia di essere inerte. Attualmente, inoltre, si hanno a disposizione materiali e forme sempre più sicure, resistenti e adatte a tutte le situazioni. Si possono quindi avere misure e forme tali da permettere al chirurgo diverse soluzioni e così adattarle alla forma del seno da trattare, permettendo risultati sempre più “personalizzati”.

Gli impianti devono però essere monitorati negli anni. La paziente deve essere informata delle eventuali problematiche, ma anche rassicurata sulle false leggende come ad esempio sulle protesi che scoppiano in aero o altro. Le protesi mammarie, inoltre, non sono eterne. E’difficile dire quanto può durare una protesi: secondo alcune statistiche si parla di una media di 15 anni, ma occorre considerare che a volte con il passar del tempo l’impianto protesico (anche se ancora integro) non è più congruo con il resto della mammella, che negli anni può abbassarsi, assottigliarsi, in altre parole “invecchiare”, conclude lo specialista.

 Asportazione mammaria parziale

Quando si esegue l’asportazione parziale del seno, il passo successivo per la cura della neoplasia mammaria è la radioterapia. Questa terapia può però creare una serie di problemi (fibrosi, retroazione, ecc.) che rendono difficili i ritocchi chirurgici. Nel corso della stessa seduta operatoria, emerge quindi la necessità di ricreare una forma del cono mammario il più corretta possibile”, afferma il dottor Grappolini.

In queste situazioni, al fine di reintegrare la parte asportata, la chirurgia oncoplastica si avvale di tecniche normalmente usate anche in chirurgia estetica: l’utilizzo di tessuto mammario residuo o di lembi di vicinanza. Vi sono poi situazioni nelle quali la radioterapia ha creato danni tali da necessitare il reintegro dell’area mammaria con tessuti non irradiati. In questo caso saranno utilizzati lembi come quelli miocutanei di gran dorsale o retto addominale. Attualmente, si ottengono buoni risultati sui tessuti radiati grazie all’utilizzo della lipostruttura. Questa tecnica consiste nel prelevare con una siringa del grasso in altre aree del corpo, centrifugarlo e riniettarlo in sede mammaria. Questa modalità permette di sfruttare sia la capacità di aumento volumetrico che il grasso iniettato conferisce, sia la capacità rigenerativa delle cellule staminali presenti nello stesso. La lipostruttura è da considerarsi l’inizio di una chirurgia rigenerativa e non solo ricostruttiva. In ambito sperimentale si sta infatti iniziando la ricostruzione mammaria con tessuto autologo (del paziente).

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