Mastoplastiche additive secondarie

Gli impianti protesici mammari al silicone sono stati ampiamente usati dal lontano 1962 ad oggi. La pratica è molto diffusa e mediamente una protesi ha una vita di 15 anni, questo non vuol dire che dopo 15 anni la protesi “scoppia” e bisogna rimuoverla/sostituirla con urgenza. Ci sono casi che la protesi può andare incontro ad una distorsione anche dopo poco tempo altre volte dopo molti anni.

Quando ricorrere ad una mastoplastica secondaria?

 

Schematicamente possiamo dire che occorre sostituire una protesi quando:

  • La protesi genera una contrattura capsulare (ossia una cicatrice spessa e dura che avvolge l’impianto) tale da deformare il contorno proteico, così da invalidare il risultato estetico. Questa situazione può crearsi dopo poco tempo dall’intervento oppure anche a distanza di tempo con o senza una rottura della protesi.
  • Rottura proteica. E’ questa una situazione che generalmente si manifesta a distanza di anni (media 15 anni) che può essere completamente asintomatica (occasionale reperto in corso di indagini di prevenzione mammaria) anche se generalmente comporta una rapida insorgenza di una evidente capsula periprotesica con distorsione del cono mammario.
  • Modificazione del cono mammario. Con il passar degli anni, dopo gravidanze, dimagrimenti, ecc. protesi sottoghiandolaresi può assistere ad una modificazione del cono mammario e quindi una protesi che andava bene anni fa oggi non è più adatta e conduce ad un risultato estetico poco naturale. Generalmente quando le protesi sono collocate in sede sottoghiandolare vanno ad appesantire la ghiandola e tendono a trascinarla verso il basso. In questo modo tendono ad aggravare la ptosi fisiologica della ghiandola mammaria. Quando invece sono poste sotto il muscolo pettorale la protesi tende a rimanere nella posizione e la ghiandola mammaria tende a “scivolare” verso il basso creando un effetto di doppio profilo.

protesi sottomuscolare

In cosa consiste la mastoplastica additiva secondaria?

L’intervento prevede, in genere, la rimozione in tono della capsula periprotesica (quella cicatrice che avvolge la protesi) e la sostituzione di un nuovo impianto adatto alla nuova forma della ghiandola mammaria residua. In questi casi può essere necessaria eseguire una mastopessi con innalzamento dell’areola. In questi casi avremo una cicatrice intorno all’areola e spesso una verticale dal bordo inferiore dell’areola al solco sottomammario.

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